In questo autoritratto la storica danzatrice del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch si ferma a riflettere sul significato dello stare in scena, sul senso dell'altro da sé che implica il fare teatro.
"Lei vuole che io danzi, oppure vuole che io parli?" Con questa domanda, rivolta da Cristiana Morganti ad uno spettatore, dobbiamo leggere JESSICA AND ME, una riflessione in forma di teatro-danza su se stessa, sul rapporto con il proprio corpo e con la danza, una sorta di autoritratto ironico, dove Cristiana rivela ciò che accade nel backstage del suo percorso professionale.
Cristiana Morganti, storico membro del Tanztheater Wuppertal, ha collaborato per diciotto anni al fianco di Pina Bausch. La chiave di lettura di questa performance autobiografica è l'autoironia: mentre esegue una coreografia, la sua voce registrata commenta impietosa e sarcastica i suoi movimenti Inizia così la performance Jessica and Me. Cristiana si prende in giro, svelando le fatiche e le frustrazioni del mestiere: passano gli anni e il corpo non risponde più come prima; i piedi hanno bisogno di essere protetti, la schiena perde elasticità, la silhouette si allarga. La sua immagine appare su uno schermo a fondo palco mentre, con un pennarello nero, si colora i fianchi per snellire il punto vita.
Cosa resta dopo Pina Bausch? L'eredità di Pina Bausch è presente in ogni gesto, generosa ma ingombrante, trova il suo totem nelle grandi scarpe rosse col tacco che Cristiana indossa mentre percorre una lunga e lenta diagonale. Arrivata in fondo e si toglie le scarpe, abbandona la madre artistica e perde l’energia che fino a quel momento è stata il suo centro. Si svincola dall'egida di Pina per camminare, ora a piedi nudi, sulla propria strada. Ma l’artista tedesca è presente sempre. Rispondendo alle domande del suo alter ego Jessica Cristiana racconta come era Pina, argomenta come possa andare avanti il gruppo senza di lei.
Il Tanztheatre Wuppertal non è stata solo una compagnia di danza, ma una comunità in cui il lavoro si è strettamente intrecciato con l’esistenza, un luogo non solo reale ma anche metaforico in cui si decideva di rimanere e una modalità di essere nella danza, in cui si era un interprete ma anche un creatore, e dove le creazioni servivano ad esplicitare una visione altrui. Abbandonato faticosamente il nido, la Morganti afferma la propria identità d'artista rivolgendosi al pubblico in una deliziosa pantomima, che ricalca il linguaggio codificato del balletto classico. La performance scorre tra il racconto di buffi aneddoti della sua formazione di danzatrice e momenti coreografici in cui godiamo della qualità del movimento di Cristiana. Mentre fuma una sigaretta, nel modo fiero ed elegante che le ha insegnato Pina, l'ampia gonna bianca che indossa va a fuoco con una proiezione di fiamme e fumo. Da quell'incendio nasce una fenice danzante che si muove libera sopra di lei.
Era severa e crudele come tutti dicono? Come può? e si Volete che io danzi o volete che io parli? Ho danzato tanto, lasciatemi parlare, vi va?, prima e dopo il fatidico incontro con Pina, Una voce registrata annuncia in tedesco e in inglese i minuti che mancano all'inizio di una performance a Wuppertal. Una delle tante a cui Cristiana ha partecipato nella sua carriera di danzatrice. Nelle mani parlanti, nelle braccia flessuose, nella liricità dei gesti c’è la volontà di affermarsi come nuova individualità. Cristiana crea, con le braccia alzate, flessuose, ondulanti al rumore del vento e al suono di una musica dolcissima, un'emozionante sequenza che suggella uno spettacolo di vivida creatività. Forse dobbiamo ringraziare Cristiana Morganti per averci messi di fronte a un filone che non potrà essere declinato in maniera migliore di come Pina Bausch ci ha abituato, un passaggio inevitabile verso il dopo Pina.
Leggi la SCHEDA SPETTACOLO.